Riflessioni sul documento programmatico
per il congresso nazionale della FIOM
Di questi ultimi tempi, leggendo
qualsiasi documento o comunicato della FIOM e del suo Segretario Generale, non
possiamo esimerci dal notare - se fossimo sprovveduti e/o ingenui - elementi e
comportamenti che ci renderebbero un tantino perplessi.
Per brevità, ci limiteremo a
prendere in considerazione quei punti che a nostro avviso sono principali e
fondamentali per determinare il futuro dei lavoratori che, ci sembra ormai
chiaro, è sempre più incerto e difficile. I punti in questione riguardano la
contrattazione, i nuovi modelli contrattuali che disciplineranno le assunzioni
e le critiche al cosiddetto Testo Unico
sulla rappresentanza.
Se prendiamo in considerazione
ciò che scrive e dice Maurizio Landini, potremmo arrivare a pensare che sia un
dirigente operaio duro e puro, che propugna una linea estremamente critica nei
confronti della CGIL sia per quanto riguarda le firme di accordi sia per il suo
comportamento giudicato deficitario sotto l’aspetto della democrazia interna.
In questo contesto ci potremmo
fare il quadro di una FIOM estremamente combattiva, impegnata al massimo delle
sue risorse nella strenua difesa dei
diritti e degli interessi dei lavoratori, e invece è proprio il contrario. E ce
lo dimostra anche Maurizio Landini che, dopo aver lanciato strali e tuoni
contro tutto e tutti, sorprende tutti uscendosene con atteggiamenti e proposte
di chiaro segno opposto, dimostrando un comportamento ondivago e ambiguo che
però, ad osservatori un po’ attenti ed informati, non lascia dubbi su dove
voglia andare a parare.
È chiaro che questa ambiguità di
fondo, la ritroviamo anche nel documento programmatico per il congresso
nazionale della FIOM, un documento che dietro alle frasi in politichese e
sindacalese, nasconde una linea di sostanziale appoggio a quelle che sono le
controriforme proposte dal governo di Matteo Renzi e anticipate alcune
settimane fa, proprio nei giorni della sua salita a Palazzo Chigi.
Cominciamo ad esaminare la
questione della contrattazione. Dopo aver asserito che il CCNL così com’è non
garantisce più i lavoratori, viene proposta l’individuazione di un nuovo
modello contrattuale che contenga “regole non derogabili” e che accomuni tutte
quelle categorie industriali che concorrono alla produzione di un determinato
bene, sebbene differenti tra loro, prefigurando oltre a questo, anche un nuovo
modello di sindacato dell’industria.
Ciò richiama anche l’idea di
“rete di imprese” che, unendosi, dovrebbero aumentare la loro produttività e
competitività per immettere sul mercato prodotti innovativi. Quindi verrebbe
realizzata una vera e propria contrattazione
di filiera allo scopo dichiarato di diminuire il troppo elevato numero di
tipologie contrattuali e “riunire” e “ricomporre il lavoro”, ma anche allo
scopo di dividere ulteriormente i lavoratori creando differenti filiere, ognuna con il suo contratto nazionale alla faccia della
ricomposizione del lavoro e alla diminuzione delle tipologie dello stesso.
Se passasse questa proposta
avremmo dei contratti molto differenti tra loro a causa delle diversità delle
aziende coinvolte in quelle reti e
definiti nazionali perché tali
aziende sono sparse sul territorio nazionale, ma che in realtà saranno solo contratti macroaziendali, con una
dimensione più localistica e ristretta solo alle industrie direttamente
interessate.
Arriviamo ora alla disciplina
delle assunzioni. Anche qui si predica bene e si razzola male perché in nome
della riduzione delle tipologie di contratti di assunzione, si parla
dell’introduzione di un "contratto unico di assunzione a tempo indeterminato
con un allungamento del periodo di prova (fino a tre anni, con rinuncia alle
tutele dell’articolo 18 in quel periodo?), prevedendo incentivi alla sua
utilizzazione (esenzione alle aziende del pagamento dei contributi
previdenziali che saranno a carico dello Stato per tutto il periodo di prova
fino alla stabilizzazione del rapporto di lavoro?)". Ora, se ci
riflettiamo un momento, ci accorgiamo che ci troviamo davanti allo stesso tipo
di proposta fatta da Matteo Renzi ed inserita nel suo Job Act.
Non è questo il contesto giusto
per entrare nel merito delle misure del progetto renziano, anche perché
l’abbiamo già fatto nelle scorse settimane su un testo provvisorio, e rimaniamo
in attesa della presentazione del documento ufficiale per ritornarci sopra. Ma
ciò che abbiamo detto fino ad ora basta e avanza per dimostrare quanto anche la
linea della FIOM sia, fondamentalmente, conforme e a quella della CGIL e
subalterna ai desiderata dei padroni.
Per concludere, possiamo dire che
anche le critiche asperrime rivolte al cosiddetto Testo Unico sulla rappresentanza
non sono destinate al rifiuto totale dell’idea stessa di quel documento una
critica feroce, che ha una sua valenza e che in linea di principio condividiamo,
ma solo su alcuni punti e che, contemporaneamente,
invoca un intervento legislativo al fine di regolare la questione, sulla base
di quel TU - anche in questo frangente - perfettamente in linea con Camusso ed
i suoi "due allegri compari" Angeletti e Bonanni.
Naturalmente nemmeno la FIOM
mette in discussione il principio della certificazione degli iscritti né la
rinuncia alla “riserva del terzo”, né tantomeno riconosce la non validità degli
AI del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013, sui quali pesano le stesse
eccezioni di costituzionalità avanzate dalla Corte Costituzionale nel luglio
2013, in merito all’infrazione delle regole della libertà sindacale, che sono
contenute anche nel TU, dei quali quest’ultimo è figlio.
Per questo motivo pensiamo che l’ambiguità
di Maurizio Landini - nascosta dietro frasi roboanti ardenti di spirito
guerresco - sia solo funzionale a far digerire agli iscritti una linea che non
si discosta molto da quella della CGIL e per dare ai lavoratori metalmeccanici,
ancora una volta, l’illusione di essere una classe combattiva aderente ad un
sindacato che lotta per difendere i suoi diritti ed i suoi interessi.
Questi sono i motivi per cui non
siamo d’accordo con chi sostiene che la spaccatura tra Camusso e Landini si sia
già consumata. Noi pensiamo che le divisioni tra i due segretari generali siano
più di principio che di sostanza. Se da una parte sembra che Susanna Camusso
abbia cercato lo scontro e che lo abbia acutizzato allo scopo di far emergere
il dissenso interno, per poi procedere alla sua eliminazione cacciando gli oppositori
dalla CGIL, dall’altra non individuiamo segnali tali da farci pensare che il
maggiore sindacato italiano si sia spaccato in maniera clamorosa e
irreparabile.
Noi pensiamo che se qualcosa di
clamoroso deve succedere, il terreno di scontro migliore sarà il prossimo
congresso nazionale della CGIL, ma non crediamo che ci saranno rotture
definitive né una diaspora massiccia di iscritti verso altri lidi (pensiamo ai
sindacati di base), quanto piuttosto un rientro
abilmente pilotato della FIOM nei ranghi, magari con qualche concessione da
parte della CGIL, per far sembrare che le lotte
della federazione dei metalmeccanici hanno ottenuto gli obiettivi che si erano
proposti, ma niente di più. Insomma l'ennesimo sistema per imbrogliare i
lavoratori, affinché non guardino dove dovrebbero e soprattutto, non prendano
coscienza della loro condizione materiale.
Marzo 2014
Areaglobale
Ne pas se raconter des histoires
Movimento Politico
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