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sabato 15 marzo 2014

[Areaglobale] Riflessioni sul documento programmatico per il congresso nazionale della FIOM

Riflessioni sul documento programmatico 
per il congresso nazionale della FIOM

Di questi ultimi tempi, leggendo qualsiasi documento o comunicato della FIOM e del suo Segretario Generale, non possiamo esimerci dal notare - se fossimo sprovveduti e/o ingenui - elementi e comportamenti che ci renderebbero un tantino perplessi.

Per brevità, ci limiteremo a prendere in considerazione quei punti che a nostro avviso sono principali e fondamentali per determinare il futuro dei lavoratori che, ci sembra ormai chiaro, è sempre più incerto e difficile. I punti in questione riguardano la contrattazione, i nuovi modelli contrattuali che disciplineranno le assunzioni e le critiche al cosiddetto Testo Unico sulla rappresentanza.

Se prendiamo in considerazione ciò che scrive e dice Maurizio Landini, potremmo arrivare a pensare che sia un dirigente operaio duro e puro, che propugna una linea estremamente critica nei confronti della CGIL sia per quanto riguarda le firme di accordi sia per il suo comportamento giudicato deficitario sotto l’aspetto della democrazia interna.

In questo contesto ci potremmo fare il quadro di una FIOM estremamente combattiva, impegnata al massimo delle sue risorse nella strenua difesa dei diritti e degli interessi dei lavoratori, e invece è proprio il contrario. E ce lo dimostra anche Maurizio Landini che, dopo aver lanciato strali e tuoni contro tutto e tutti, sorprende tutti uscendosene con atteggiamenti e proposte di chiaro segno opposto, dimostrando un comportamento ondivago e ambiguo che però, ad osservatori un po’ attenti ed informati, non lascia dubbi su dove voglia andare a parare.

È chiaro che questa ambiguità di fondo, la ritroviamo anche nel documento programmatico per il congresso nazionale della FIOM, un documento che dietro alle frasi in politichese e sindacalese, nasconde una linea di sostanziale appoggio a quelle che sono le controriforme proposte dal governo di Matteo Renzi e anticipate alcune settimane fa, proprio nei giorni della sua salita a Palazzo Chigi.

Cominciamo ad esaminare la questione della contrattazione. Dopo aver asserito che il CCNL così com’è non garantisce più i lavoratori, viene proposta l’individuazione di un nuovo modello contrattuale che contenga “regole non derogabili” e che accomuni tutte quelle categorie industriali che concorrono alla produzione di un determinato bene, sebbene differenti tra loro, prefigurando oltre a questo, anche un nuovo modello di sindacato dell’industria.

Ciò richiama anche l’idea di “rete di imprese” che, unendosi, dovrebbero aumentare la loro produttività e competitività per immettere sul mercato prodotti innovativi. Quindi verrebbe realizzata una vera e propria contrattazione di filiera allo scopo dichiarato di diminuire il troppo elevato numero di tipologie contrattuali e “riunire” e “ricomporre il lavoro”, ma anche allo scopo di dividere ulteriormente i lavoratori creando differenti filiere, ognuna con il suo contratto nazionale alla faccia della ricomposizione del lavoro e alla diminuzione delle tipologie dello stesso.
Se passasse questa proposta avremmo dei contratti molto differenti tra loro a causa delle diversità delle aziende coinvolte in quelle reti e definiti nazionali perché tali aziende sono sparse sul territorio nazionale, ma che in realtà saranno solo contratti macroaziendali, con una dimensione più localistica e ristretta solo alle industrie direttamente interessate.

Arriviamo ora alla disciplina delle assunzioni. Anche qui si predica bene e si razzola male perché in nome della riduzione delle tipologie di contratti di assunzione, si parla dell’introduzione di un "contratto unico di assunzione a tempo indeterminato con un allungamento del periodo di prova (fino a tre anni, con rinuncia alle tutele dell’articolo 18 in quel periodo?), prevedendo incentivi alla sua utilizzazione (esenzione alle aziende del pagamento dei contributi previdenziali che saranno a carico dello Stato per tutto il periodo di prova fino alla stabilizzazione del rapporto di lavoro?)". Ora, se ci riflettiamo un momento, ci accorgiamo che ci troviamo davanti allo stesso tipo di proposta fatta da Matteo Renzi ed inserita nel suo Job Act.

Non è questo il contesto giusto per entrare nel merito delle misure del progetto renziano, anche perché l’abbiamo già fatto nelle scorse settimane su un testo provvisorio, e rimaniamo in attesa della presentazione del documento ufficiale per ritornarci sopra. Ma ciò che abbiamo detto fino ad ora basta e avanza per dimostrare quanto anche la linea della FIOM sia, fondamentalmente, conforme e a quella della CGIL e subalterna ai desiderata dei padroni.

Per concludere, possiamo dire che anche le critiche asperrime rivolte al cosiddetto Testo Unico sulla rappresentanza non sono destinate al rifiuto totale dell’idea stessa di quel documento una critica feroce, che ha una sua valenza e che in linea di principio condividiamo, ma solo su alcuni punti e che,  contemporaneamente, invoca un intervento legislativo al fine di regolare la questione, sulla base di quel TU - anche in questo frangente - perfettamente in linea con Camusso ed i suoi "due allegri compari" Angeletti e Bonanni.

Naturalmente nemmeno la FIOM mette in discussione il principio della certificazione degli iscritti né la rinuncia alla “riserva del terzo”, né tantomeno riconosce la non validità degli AI del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013, sui quali pesano le stesse eccezioni di costituzionalità avanzate dalla Corte Costituzionale nel luglio 2013, in merito all’infrazione delle regole della libertà sindacale, che sono contenute anche nel TU, dei quali quest’ultimo è figlio.

Per questo motivo pensiamo che l’ambiguità di Maurizio Landini - nascosta dietro frasi roboanti ardenti di spirito guerresco - sia solo funzionale a far digerire agli iscritti una linea che non si discosta molto da quella della CGIL e per dare ai lavoratori metalmeccanici, ancora una volta, l’illusione di essere una classe combattiva aderente ad un sindacato che lotta per difendere i suoi diritti ed i suoi interessi.

Questi sono i motivi per cui non siamo d’accordo con chi sostiene che la spaccatura tra Camusso e Landini si sia già consumata. Noi pensiamo che le divisioni tra i due segretari generali siano più di principio che di sostanza. Se da una parte sembra che Susanna Camusso abbia cercato lo scontro e che lo abbia acutizzato allo scopo di far emergere il dissenso interno, per poi procedere alla sua eliminazione cacciando gli oppositori dalla CGIL, dall’altra non individuiamo segnali tali da farci pensare che il maggiore sindacato italiano si sia spaccato in maniera clamorosa e irreparabile.

Noi pensiamo che se qualcosa di clamoroso deve succedere, il terreno di scontro migliore sarà il prossimo congresso nazionale della CGIL, ma non crediamo che ci saranno rotture definitive né una diaspora massiccia di iscritti verso altri lidi (pensiamo ai sindacati di base), quanto piuttosto un rientro abilmente pilotato della FIOM nei ranghi, magari con qualche concessione da parte della CGIL, per far sembrare che le lotte della federazione dei metalmeccanici hanno ottenuto gli obiettivi che si erano proposti, ma niente di più. Insomma l'ennesimo sistema per imbrogliare i lavoratori, affinché non guardino dove dovrebbero e soprattutto, non prendano coscienza della loro condizione materiale.

Marzo 2014


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