In questi ultime settimane non ci
sono sfuggiti gli innumerevoli articoli, riportati un po’ da tutti i giornali,
inerenti i dati sulle pensioni, elaborati dai vari istituti di statistica e in
cui non si fa altro che ripetere quanto siano misere e povere queste pensioni,
quanto per i pensionati sia previsto un futuro fosco e incerto..
Sembra quasi che sia stata
imbastita una nuova campagna mediatica di stampo terroristico, che sia propedeutica
e funzionale ad un nuovo intervento legislativo in ambito previdenziale con la
scusa di far ripartire l’economia
In data 8 luglio 2014 sono
apparse alcune schede su Il sole 24 ore
che tornano a parlare di previdenza ed in particolare delle pensioni dei
lavoratori, insistendo sul tasto dell’insufficienza, per poi proporre due tesi
che dovrebbero essere la panacea per risolvere ogni problema.
La prima tesi allude alla
necessità di una “robusta crescita” del Prodotto Interno Lordo (PIL), in
quanto i contributi previdenziali vengono rivalutati in base alla media
geometrica degli ultimi cinque anni del PIL nominale.
Il che si traduce in un
fallimento per i pensionati, dal momento che il PIL negli ultimi anni ha dato
una performance terribile, per cui non sembra in grado di garantire un
vitalizio sufficientemente dignitoso, visto che il sistema retributivo - che si
basava sulla media dei salari degli ultimi cinque anni della vita lavorativa - arrivava
a fornire una pensione pari anche all’80% del salario, mentre con il
contributivo questa garanzia non esiste più. E allora quali sono le soluzioni?
La prima è quella di investire nell’economia reale una parte dei
contributi per fornire, si guardi bene, credito
alle imprese, ossia dovrebbero essere i lavoratori italiani a dare soldi ai
padroni affinché possano investirli, magari in rendite finanziarie, per far ripartire l’economia, o in opere infrastrutturali.
Vogliamo ricordare che nel suo
discorso all’ultima assemblea di Confindustria, Squinzi aveva affidato questo
capitolo allo Stato: della serie le imprese devono ripartire a spese dello
Stato, che deve costruire le infrastrutture per far circolare le merci (e i
capitali). Si svela quindi il meccanismo perverso: prelevare dalle tasche dei
lavoratori quei capitali da passare alle imprese sotto forma di crediti o di
infrastrutture.
Si tratta di un bel mucchio di
soldi: 61 miliardi di euro delle Casse e di 120 miliardi di euro dei fondi pensione.
Niente male, come prelievo, un circolo virtuoso previdenza – economia reale,
come lo chiamano le imprese.
L’altra soluzione, che comunque è
strettamente legata alla prima, è il ricorso alla previdenza complementare, fallito
fin dal suo inizio nel 2007. Facciamo un po’ di storia: questa manovra fu
perpetrata dall’allora Ministro del Lavoro del governo Berlusconi, l’ineffabile
Maroni, che prevedeva lo scippo del TFR
tramite l’assegnazione dei versamenti in busta paga ad un fondo pensione
secondo l’infame principio del silenzio-assenso, che avrebbe dovuto entrare in vigore
il 1 gennaio 2008.
Ma vi furono le elezioni e le
vinse il centrosinistra, che durante tutta la campagna elettorale aveva fatto
della cancellazione del Decreto Maroni uno dei suoi cavalli di battaglia. Una
volta vinto - e varato il governo presieduto dal compagno Prodi - ecco che al posto della promessa cancellazione, i
lavoratori si ritrovarono di fronte all’anticipo di un anno dell’entrata in
vigore del decreto in questione, con il voto favorevole di PRC e PdC…
Non solo, fu anche introdotto
l’obbligo, per le aziende con più di cinquanta dipendenti, di depositare il
TFR, per quei lavoratori che avessero deciso di lasciarlo in azienda, presso
l’INPS, che li avrebbe gestiti - e lo sta facendo ancora oggi - per conto dello
Stato. La finanziaria di prodiana memoria prevedeva che il fondo così
accumulato presso l’INPS venisse investito in infrastrutture, finanziamenti
alle imprese, nella Difesa, eccetera.
Di seguito riportiamo un elenco
di fondi finanziati con quei soldi:
- Fondo
competitività
- Fondo
finanza di impresa
- Fondo
salvataggio e ristrutturazione imprese in difficoltà
- Imprese
pubbliche
- Autotrasporto
- Alta
velocità/Alta capacità
- Contratto
di servizio Ferrovie S.p.A.
- Rifinanziamento
rete tradizionale FS
- ANAS
nuovi investimenti
- Fondo
per il funzionamento della Difesa
- Rifinanziamenti
di investimento
E oggi ecco che questa ricetta
viene riproposta dal giornale dei padroni sotto la voce secondo pilastro, indicando con questa definizione la previdenza
complementare privata, mentre il primo sarebbe quella pubblica (INPS, tanto per
fare un esempio). In pratica i lavoratori dovrebbero aderire ai fondi in
maniera adeguata all’esigenza di
aumentare il tasso di sostituzione a livelli coerenti alle proprie esigenze
future.
Si rileva che la formula del
silenzio-assenso, infame ed illegale, non ha avuto successo (fortunatamente per
i lavoratori, diciamo noi) soprattutto tra i giovani e le donne i quali, sempre
secondo il giornale padronale, sono i soggetti che invece hanno più necessità
di avere il secondo pilastro. Tesi ben strana questa, perché se molti
lavoratori non versano più nulla a causa della crisi, ci chiediamo come lo
possano fare i giovani e le donne, soggetti per lo più precari e con salari da
fame.
Ci chiediamo anche come un
giornale che non ci è amico qual è Il
sole 24 ore, possa lasciarsi andare a simili proposte. Non lo sappiamo,
però dobbiamo constatare che vi sono varie proposte e tutte vantaggiose per i padroni.
Una potrebbe essere quella
contenuta nel nuovo CCNL degli edili che sta per essere rinnovato, ossia il
versamento di 8 euro anche per i lavoratori che non aderiscono al fondo di
categoria (Prevedi), in deroga alla
norma (il grassetto è voluto), con un vantaggio per le aziende che
pagherebbero un’addizionale del 10% in busta paga, invece del 30% . E scusate
se è poco!
Un’altra sarebbe l’obbligatorietà
dell’adesione ai fondi pensione, ma questa proposta ha l’effetto collaterale di
dover fornire garanzie più forti ai lavoratori e costringerebbe le povere
aziende a sopportare un costo aggiuntivo
nell’approvvigionamento di liquidità e in assenza di misure compensative. Insomma,
è chiaro che le misure sono praticabili se colpiscono i lavoratori e
impraticabili se invece procurano qualche prurito alle casse dei padroni.
Cosa concludere? Niente di nuovo
sul fronte previdenziale, se non lo studio di nuovi sistemi per fare cassa con
i redditi già magri degli sfruttati per ingrassare le "buzze" dei
padroni. A suo tempo, facemmo una fortissima campagna di controinformazione
anzi, di corretta informazione, e ne faremo un’altra se necessario, perché a
noi stanno a cuore i nostri
interessi, ovvero quelli dei lavoratori.
Areaglobale
Ne pas se
raconter des histoires
Movimento Politico
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