Bertolt Brecht

"... sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai
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Movimento Politico



martedì 14 aprile 2009


Assemblea pubblica a Padova, 6 aprile 2009

“Il socialismo nel XXI° secolo. L’esempio dell’America Latina”

intervento di
Compagne e compagni veneti per un’organizzazione politica marxista


Quella che abbiamo di fronte è una situazione di crisi globale e sistemica molto profonda, dai cui effetti, che si faranno sentire anche nel medio e nel lungo periodo, nessuno è al riparo. Potremmo persino affermare che questa crisi è ancora più globale di quella del ’29 perché coinvolgerà più o meno tutti i paesi del mondo, seppure, ovviamente, a livelli diversi.

Alla domanda “quali soluzioni politiche?” mi pare di poter rispondere dicendo intanto questo: se nei vari Paesi non si manifesteranno credibili alternative politico-sociali di carattere anti-capitalistico, inevitabilmente, la “soluzione” transitoria di questa crisi si determinerà ancora nel segno del capitalismo; un capitalismo forse un po’ diverso da quello degli ultimi anni, con una maggiore dose di regolazione, ma con tutti gli elementi che storicamente vengono sviluppati da una crisi generale: la tendenza allo sviluppo in senso autoritario degli Stati, l’ulteriore innalzamento del livello di prevenzione e repressione del conflitto sociale e dell’opposizione al regime; l’esasperazione della competizione globale tra i vari blocchi o poli imperialisti e, di conseguenza, l’aumento delle tensioni internazionali e della tendenza alla guerra.

Soprattutto, l’attacco generalizzato alle condizioni di vita delle messe popolari con un impoverimento assoluto determinato dall’ulteriore trasferimento di ricchezza dai salari ai profitti e con un’espropriazione di diritti “legittimata” dal richiamo ossessivo allo “stato di eccezione”.

Con la scusa della crisi, si dirà - anzi, si dice - , è “legittimo” ridurre i controlli e le sanzioni per le imprese inadempienti in tema di sicurezza dei lavoratori; con la scusa della crisi si chiederanno “sacrifici” ai lavoratori in termini di salario e di diritti sindacali; con la scusa della crisi si pretenderà la sospensione del diritto di sciopero perché chi sciopera ha un lavoro e “c’è tanta gente che un lavoro non ce l’ha”…

Insomma, la crisi può significare per le masse popolari di tutto il mondo un enorme innalzamento del livello di sfruttamento, con un’altrettanto enorme polarizzazione sociale su scala globale come quella che si è avuta negli ultimi decenni (rilevata chiaramente anche dal rapporto 2008 dell’OCSE, Growing unequal?).

La condizione affinché tutto questo possa avvenire senza troppe contraddizioni è che il proletariato resti diviso e non riesca a trovare una propria identità di classe.
Per raggiungere questo obbiettivo le classi dominanti soffiano sul fuoco delle contraddizioni sociali cercando di sviluppare la mobilitazione reazionaria e xenofoba delle masse.

Il martellamento quotidiano sul tema della “sicurezza dei cittadini” e contro gli immigrati ne rappresenta la “punta di lancia”. E, per conseguenza, questo è un terreno di intervento prioritario per ogni forza che si definisce anti-capitalista.

***

Ovviamente, non esiste solo la soluzione capitalistica della crisi. Esiste o, per meglio dire, esistono anche alternative anti-capitaliste, alcune delle quali sono persino già in atto.

Come in Venezuela o in Bolivia.

Queste esperienze sono interessanti innanzitutto perché costituiscono un tentativo di costruire una modalità completamente nuova di organizzazione sociale in un continente, l’America Latina, che tende a rispettare sempre meno i diktat dell’FMI.

Le esperienze progressiste di alcuni paesi concorrono all’apertura di una fase completamente diversa non solo in America Latina - per decenni martoriata dall’ingerenza militare ed economica degli Stati Uniti (e prima dei conquistadores europei) – ma anche per il resto del mondo; l’America Latina e, particolarmente, esperienze come quelle venezuelana e boliviana, si presentano come laboratori di ricerca e sperimentazione tra i più avanzati nel quadro della resistenza anti-mperialista.

Noi viviamo nel cuore dell’imperialismo ed è nel cuore dell’imperialismo che dobbiamo costruire la nostra esperienza di lotta, di resistenza, di trasformazione sociale. Ma nessuna ipotesi di rottura rivoluzionaria e tanto meno di transizione dal capitalismo al socialismo può svilupparsi (e del resto, storicamente, mai si è sviluppata) spontaneamente, in assenza di una soggettività politica organizzata - di un partito comunista, almeno fino ad oggi – capace di interpretare e al tempo stesso stimolare la possibilità di cambiamento per masse di milioni di persone.

Pensando all’Italia, direi quindi che il nostro compito specifico e prioritario è, oggi, proprio questo: costruire una soggettività politica che sia in grado di esprimere una reale internità al tessuto sociale e di lotta presente nel Paese e, al tempo, stesso il più alto livello possibile di analisi teorica.

Per fare ciò dobbiamo superare, per quanto possibile, l’attuale stadio di disgregazione del movimento comunista.
Il che non significa unità senza principi o unità nel segno della continuità con le fallimentari esperienze del recente e meno recente passato ma, al contrario, costruzione di pilastri comuni su cui poggiare la necessaria unità. Individuare come si possa procedere su questa strada è il nucleo fondamentale del dibattito che siamo chiamati a sviluppare in questa fase.

La crisi pone una pietra tombale sulla tendenza ai dibattiti inconcludenti e alle auto-proclamazioni velleitarie perché ci pone di fronte all’esaurimento di un intero ciclo capitalistico e, contestualmente, di un ciclo riformista che, per quanto riguarda l’Italia, abbiamo provato ad analizzare in un contributo dal titolo “Il ciclo sgonfiato”.

O i comunisti riusciranno ad essere all’altezza di questo passaggio e a cogliere questa che è anche un’opportunità per rilanciare il processo storico di superamento rivoluzionario del capitalismo oppure sono destinati, nella migliore delle ipotesi, ad essere cancellati politicamente dalla scena. Nella peggiore, sono destinati ad esserne cancellati fisicamente.

Ecco perché, con questo nostro intervento, mentre portiamo il nostro caloroso saluto all’esperienza venezuelana e boliviana, cogliamo l’occasione per ribadire la nostra convinzione della necessità del confronto tra comunisti per la ricerca della massima unità intellettuale e, soprattutto materiale, poiché la costruzione di una soggettività politica comunista e rivoluzionaria non può limitarsi al semplice confronto delle idee ma deve trovare nel rapporto con la classe la sua naturale collocazione.

6 aprile 2009

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TEL.: 348.2900511

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