Bertolt Brecht

"... sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai
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Movimento Politico



venerdì 12 novembre 2010

Decine di morti alla MARLANE di Praia a mare MARZOTTO ALLA SBARRA



Decine e decine di operai morti, 15 anni di ritardi e rinvii, ma alla fine il processo alla Marzotto per le lavorazioni nocive alla Marlane di Praia a Mare va avanti. Nel silenzio assordante dei media, con la complicità di sindacati e istituzioni compiacenti, Marzotto tenta, grazie al suo collegio di avvocati-politici di sinistra-centro-destra, di farla franca.
Dalla parte dei lavoratori solo la solidarietà e la lotta degli altri lavoratori



***

Presidio cittadino
SABATO 13 NOVEMBRE - ORE 9-13
Piazza dello Statuto,
angolo via Battaglione Val Leogra
SCHIO

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VENERDI 19 NOVEMBRE - ORE 20.30
c/o Cittadella Sociale
Viale Regina Margherita 42, VALDAGNO

Assemblea pubblica
Decine di morti alla MARLANE di Praia a mare
MARZOTTO ALLA SBARRA

Partecipano:

FULVIO AURORA
Medicina Democratica

ALBERTO CUNTO
Operaio Marlane Praia a Mare

DANIELE FACCIN
RSU-RLS USB Marzotto

MARA MALAVENDA
Coordinamento Nazionale SLAI COBAS

Coordina:

PRIMOMAGGIO
Foglio per il collegamento tra
Lavoratori, precari, disoccupati
WEB: http://xoomer.virgilio.it/pmweb


La notizia tanto attesa è infine arrivata: nonostante i cavilli, i rinvii, i tentativi di far saltare il processo… tutti gli imputati per la strage di operai alla Marlane-Marzotto (ivi compreso il “conte”) sarebbero stati rinviati a giudizio.. Adesso la battaglia entra in una fase ancora più decisiva. Se in questi anni la lotta era stata quella per arrivare al processo e impedire il tentativo di insabbiamento, ora diventa quella per sollevare attorno a questo processo il massimo dell’attenzione da parte dei lavoratori cercando di bucare quel velo di omertà che è stato fatto calare su tutta la storia dell’assassinio di decine di lavoratori allo stabilimento calabrese della Marlane-Marzotto.

La Marzotto, che da queste parti è stata per molto tempo l’azienda buona che “dava lavoro al popolo” e che costruiva il “villaggio sociale” per gli operai (naturalmente, dopo averne spremuto il sangue in fabbrica) aveva tentato in tutti i modi di non far svolgere il processo, assoldando una cricca di avvocati-politici senza scrupoli che coprivano tutto lo spettro politico, dalla destra (Nicolò Ghedini, parlamentare PDL) al centro (Guido Calvi, parlamentare PD) alla sinistra (Giuliano Pisapia, già parlamentare PRC). Scandaloso, in particolare, il patrocinio di Giuliano Pisapia che per soldi e fama è stato capace di accettare di difendere assassini di lavoratori, senza preoccuparsi minimamente della loro memoria, delle loro famiglie, del diritto di tutti i lavoratori alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro.  Ora si presenta - come “cavallo” della sinistra - alle primarie per scegliere il candidato alla corsa di Sindaco di Milano.

Gli operai della Marzotto di oggi non sono – anagraficamente – quelli che il 9 aprile 1968 dettero vita ad una vera e propria battaglia cittadina che condusse all’arresto di oltre 40 manifestanti e soprattutto all’abbattimento della statua del Conte Marzotto, uno degli eventi del “’68”. Quell’abbattimento fu l’atto simbolico che segnò la discontinuità tra due epoche capitalistiche e fu anche il “parricidio” verso la fabbrica-società che permeava tutti i rapporti sociali, dentro e fuori la fabbrica, senza lasciare alcuno spazio alle donne e gli uomini ridotti a pura “creta” nelle mani del “paròn”.

Schierandoci, partecipando alla battaglia a fianco delle vittime di Marzotto possiamo dimostrare, ora come allora che siamo lavoratori con un nostro cervello, che non siamo il gregge del buon pastore Marzotto, che siamo capaci di comprendere che se sgobbare per arricchire qualcun altro dobbiamo considerarlo un privilegio allora viviamo davvero in una società da distruggere.

Marzotto sperava e spera di farla franca. Noi siamo qui, in quello che resta del centro del suo impero (ormai delocalizzato in altre parti d’Italia e d’Europa) per dire a tutti i lavoratori che  Marzotto non è un benefattore, ma uno che ha sfruttato migliaia di operai e ha provocato la morte di decine e decine di loro a causa di produzioni nocive. Quando arriverà festeggeremo la sua condanna ma sapendo che anche dopo di essa lui continuerà ad essere “paròn” e gli operai a morire e sgobbare.
Nessua condanna ripagherà la vita dei tanti lavoratori morti e ammalati, nessuna condanna cambierà la situazione di sfruttamento e di ricatto nei posti di lavoro. Altri lavoratori moriranno ogni giorno, ogni mese, ogni anno. Altri Marzotto verranno processati (anzi, nella maggior parte dei casi, non verranno neppure processati).
Non è nei tribunali dei padroni che i lavoratori possono avere giustizia. Ma oggi i lavoratori sono in difficoltà e ogni risultato è importante per riprendere fiducia, per ricominciare a lottare e soprattutto per ricominciare a pensare un nuovo modo di vivere: da lavoratori, ma non da sfruttati.

PRIMOMAGGIO, novembre 2010

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