Gli “interventisti umanitari” hanno rispolverato il solito e ben collaudato armamentario già usato per Somalia, Jugoslavia, Iran, Afghanistan, ecc... ed hanno scatenato l'attacco per rovesciare una situazione che stava evolvendo ormai chiaramente verso la sconfitta militare dei rivoltosi (la cui direzione politica è caratterizzata da personaggi del vecchio regime appoggiati da settori ribelli dell'esercito e da vecchi arnesi filo-americani). Ma qual'è la partita che si sta giocando sulla pelle del popolo libico? È la solita partita che si gioca da anni, la partita della diversa ripartizione delle aree di influenza nel mondo e della predazione delle ricchezze dei paesi aggrediti da parte dei paesi aggressori.
L'astensione dei paesi cosiddetti "BRIC" (Brasile, Russia, India, Cina) e della Germania sulla risoluzione del Consigli di Sicurezza dell'ONU che istituisce la No Fly Zone sulla Libia e che in sostanza da “via libera” all'intervento militare, evidenzia in modo chiaro il punto della questione. La divisione non è tra paesi “cattivi” e paesi “buoni”, tra paesi “sensibili” e paesi “insensibili” alla difesa dei diritti umani, tra paesi “pacifisti” e paesi “guerrafondai”... La divisione è tra potenze economiche emergenti e potenze economiche declinanti, con le potenze declinanti che tentano di frenare il proprio declino economico e di rafforzarsi nella competizione inter-imperialistica globale a colpi di intervento militare. Queste potenze declinanti (USA ed Europa Occidentale) tentano di usare l'arma delle armi per conquistare o riconquistare aree di influenza e mercati delle materie prime. Queste potenze si muovono assieme, ma non hanno gli stessi obbiettivi strategici. USA e Francia, ad esempio, mirano a due obbiettivi opposti: la prima a minare l'autonomia energetica francese (e in generale europea), la seconda mira ad estenderla. Ed anche Francia e Italia hanno obbiettivi opposti: i francesi vanno a riprendersi in Cirenaica un “posto al sole” dopo i tempi delle rivolte anti-coloniali; l'Italia si è unita alla coalizione non per occupare bensì “per non farsi occupare” ovvero per non farsi scippare interessi faticosamente conquistati in questi anni. Lo ha chiarito benissimo il Ministro La Russa che ha detto che non si danno le chiavi di “casa propria” a qualcuno senza controllare che cosa ne fa.
Questo è il quadro in cui si sviluppa l'aggressione militare contro la Libia, un quadro di cui né Gheddafi, né gli
insorti, sono i principali protagonisti ed in cui sarà il popolo libico a pagare tutte le dure conseguenze. E chi ancora continua a trastullarsi con “Gheddafi si - Gheddafi no” fa il gioco, consapevolmente o meno, delle potenze militari che stanno devastando la Libia uccidendo migliaia di persone unicamente per difendere (o conquistare) interessi economici.
In questo momento è importante che tutte le persone e le forze politiche e culturali che si definiscono antimperialiste si mobilitino per denunciare la natura predatoria dell'aggressione e per esprimere la propria solidarietà con il popolo libico; non solo, ovviamente, con la parte che sta sotto i missili all'uranio impoverito e al fosforo bianco degli “occidentali”, ma anche con la parte che oggi esulta insensatamente all'intervento salvifico di Sarkozy e soci senza rendersi conto che se l'aggressione avrà successo il destino dei territori “liberati” sarà quello di diventare “cortile di casa” di alcuni paesi europei e occidentali. E nel cortile di casa c'è sfruttamento, non libertà.
Gheddafi merita di uscire di scena (anche per la brutale repressione degli immigrati); ma a farlo cadere deve essere una vera rivoluzione popolare socialista che riprenda e conduca innanzi il cammino progressista che aveva caratterizzato gli esordi della Jamahiriya, non certo rivolte che sventolano le bandiere dell'epoca della monarchia Idriss e che sono sostenute dalle “bombe umanitarie” dei paesi imperialisti.
CSPAAAL
Comitato di Solidarietà con i Popoli dell'Asia, dell'Africa, dell'America Latina
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