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giovedì 22 maggio 2014

[Areaglobale] Note critiche sulla relazione introduttiva di Susanna Camusso al congresso nazionale della CGIL



Non siamo rimasti molto sorpresi dal contenuto della relazione della Segretaria Generale della CGIL Susanna Camusso, dal momento che ormai è chiaro quale sarà il percorso che la CGIL ha intrapreso già da molti anni, ossia un costante affiancamento e condivisione piena di una politica sindacale nettamente sfavorevole agli interessi dei lavoratori.

Naturalmente, non vengono risparmiate critiche, anche dure, all’Europa e alle politiche economiche e del lavoro che essa impone a tutti i suoi paesi membri, quindi anche all’Italia. Una politica che in Italia (come in Germania, la cosiddetta locomotiva d'Europa) si è manifestata con misure durissime, che hanno colpito quasi esclusivamente i lavoratori e contro le quali la CGIL non ha fatto praticamente niente, anzi ha firmato una serie di AI che hanno ridisegnato completamente quelle che saranno le nuove relazioni industriali.

È chiaro, quindi, che tutte le critiche che Susanna Camusso ha mosso all’Europa e ai governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia sono strumentali, perché ci viene da chiederlei dove si trovasse lei e la confederazione che guida, quando queste misure venivano imposte ai lavoratori, con la scusa che era l’Europa che ce lo chiedeva (anzi ce l’ordinava). La CGIL era impegnatissima a cercare di rientrare nel grande gioco della contrattazione nazionale, dalla quale era stata espulsa dopo la mancata firma dell’AI del gennaio 2009 anche a costo di vendere al capitale gli ultimi brandelli di pelle dei lavoratori.

Cosa possiamo avere in comune con un’organizzazione sindacale che vede il processo di svalorizzazione del lavoro solo come perdita di competitività, qualità e produttività del sistema e non nel peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro e la perdita della dignità di chi questo valore lo crea realmente, cioè dei lavoratori? Con questo tipo di sindacato, che è un sindacato di regime, noi non abbiamo proprio niente a che fare.

E nemmeno abbiamo niente in comune con quei ventilati Stati Uniti d’Europa di cui si vuole cambiare le politiche, ridiscutere i trattati (fiscal compact), ricontrattare l’unità fiscale, ecc. A volte ci chiediamo se simili proposte siano frutto di menti che hanno perso il contatto con le realtà, perché questa Europa, che è espressione e voce del capitale internazionale, all'interno del quale quello italiano è perfettamente integrato, non permetterà certo a nessuno di recedere da un cammino già intrapreso e consolidato, nemmeno a Susanna Camusso e alla sua CGIL, come nemmeno a Matteo Renzi, che per mezzo del suo governo attua delle riforme, anzi delle controriforme strutturali che sono solo ulteriori liberalizzazioni e deregolamentazioni che rientrano perfettamente nella logica del capitalismo.

E allora quella della Camusso a Renzi, non è altro che un’altra critica sterile ed ipocrita perché poi, alla prova dei fatti, se da una parte lo accusa - e ha ragione - di voler continuare sulla strada della precarietà, invece di eliminarla, dall’altra è d’accordo con il contratto unico che, guarda caso, introduce invece ulteriori elementi di precarietà. E se questa non è una contraddizione, allora può essere solamente quiescenza e le critiche sono solo strumentali, fatte per dimostrare che dopo tutto, la CGIL è dalla parte dei lavoratori e contro le misure governative.

In un altro punto, Susanna Camusso registra l’insofferenza dei governi verso la concertazione, come dire che vogliono escludere il sindacato dal tavolo delle decisioni per poi procedere da soli. Ebbene anche questo ragionamento ha un suo fondamento, anche perché sia Poletti che lo stesso Renzi hanno sottolineato che in questo senso i tempi sono cambiati, salvo poi demolire la concertazione come modello di relazioni industriali, attraverso tutta una serie di AI che a partire da quello del gennaio 2009, hanno completamente scardinato il modello concertativo a favore di un altro, ancora più sfavorevole ai lavoratori in fatto di regole, a partire dalla possibilità delle deroghe al CCNL, per esempio per arrivare fino al famigerato e cosiddetto “Testo Unico”, che poi altro non è che un AI tra OO.SS. e Confindustria che sarà, e di questo siamo completamente certi, la base della futura legge sulla rappresentanza sindacale. E ciò che le OO.SS. hanno detto, scritto e fatto è tutto meno che concertazione.

Anche quando Susanna Camusso affronta la questione della contrattazione, ci chiediamo se è ben sicura di quello che dice e soprattutto se ricorda dove fosse la CGIL quando certe decisioni vennero prese e spremendoci un po’ le meningi ci ricordiamo che era là, seduta a quei tavoli a firmare una nefandezza dopo l’altra. Quindi ancora ipocrisia su ipocrisia con un estremo disprezzo per l’intelligenza dei lavoratori e dei delegati al congresso che, ci vogliamo augurare non abbiano la memoria corta, perché è facile addossare ad altri responsabilità precedentemente condivise.

Speravamo che la relazione si soffermasse un po’ sui risultati del referendum sull’AI del 10 gennaio 2014 e che tanto clamore ha suscitato nella fase dei congressi territoriali e di categoria, e invece, al di là di un breve accenno, non viene fatto nessun commento, non viene presa in considerazione la questione fondamentale, e cioè che i lavoratori hanno respinto quell’AI e con esso il nuovo modello di relazioni industriali che esso propone. Al contrario viene ribadito l’impegno della CGIL ad attuarlo e addirittura ad estenderlo, non tenendo minimamente conto del fatto che i lavoratori, quell’AI, non lo vogliono.

In questo contesto, sorprendente (ma non troppo) l’affermazione sostenuta dalla Camusso che dice testualmente: “…con altrettanta nettezza però se i lavoratori hanno approvato un accordo, è sbagliato, contrario alla nostra natura che si scioperi contro quel voto…”. Ciò implica che chi non è d’accordo dopo essere stato sconfitto in un referendum, debba subire supinamente senza tentare altre strade. Può sembrare una frase banale, ma credo che invece rifletta quali siano le reali ed intime convinzioni di Susanna Camusso e dei suoi collaboratori, circa l’esercizio del diritto alla libertà sindacale, principio che si cerca di strangolare con l’AI del 10 gennaio 2014 anche impedendo ai lavoratori di reagire legittimamente contro un accordo o un contratto che non condividono.

Quindi ridisegnare le relazioni industriali, il modello di contrattazione e anche le tipologie di contratto. Anche qui si sfiora il concetto di filiera, ossia dell’insieme di lavoratori (e imprese) che pur nelle differenze categoriali, concorrono alla produzione e alla valorizzazione di un dato prodotto. E se pur viviamo in un contesto di estrema frammentazione categoriale e industriale, proporre una ricomposizione del lavoro attraverso contratti nazionali di filiera - proposta questa tra le altre cose già avanzata da Landini durante i congressi territoriali e di categoria - ci pare fuorviante ed ingannevole.

Questo perché ognuno di essi riguarderebbe una ben determinata filiera, creando così una nuova serie di contratti nazionali, slegati gli uni dagli altri e con regole magari diverse e privi di un indirizzo generale di garanzia di diritti, come sono sempre stati i CCNL, almeno fino ad oggi. Ciò potrebbe precludere alla riproposizione delle famigerate gabbie salariali che sono così care alla Lega e ad altri catrami del genere.

Anche il sistema previdenziale - sottoposto ad un’eterna e continua controriforma - viene preso in considerazione dalla relazione introduttiva. In un altro passaggio, si afferma: “…sapere che sulle pensioni siamo stati sconfitti, tutti assieme, perché allora insieme decidemmo. Sapere che quella è una sconfitta non serve ad accusare qualcuno, o a lavarci la coscienza, ma affrontare perché si è determinata quella condizione, per poter ripartire...”. Anche qui una considerazione autoconsolatoria e che pretende di autoassolversi. Invece no, perché quando firmavano sapevano benissimo cosa stavano facendo e quali ricadute avrebbe avuto, quella firma, sui pensionati e sui lavoratori, ed ora si viene a dire che non serve a niente accusare? E invece serve per far capire al proletariato che tra i responsabili di quelle truffe c’è anche la CGIL che, se da una parte tuonò, or son nove anni, contro la controriforma Maroni, appena il centro sinistra arrivò al governo (elezioni 2006), la prima cosa che fece fu di anticipare di un anno lo scippo del TFR, dal 1 gennaio 2008 al 1 gennaio 2007!
Questa era la CGIL, allora senza la Camusso, ma comunque complice di meccanismi penalizzanti per i proletari, allora come oggi.
Per questo dichiara che “…stiamo lavorando perché i fondi siano volano di investimenti infrastrutturali al servizio dell’economia reale, come si suol dire, nella garanzia pubblica del risparmio previdenziale…”.

Questo significa che i soldi che i lavoratori versati dai lavoratori per il TFR vengono investiti in favore del capitale? Abbiamo capito male? Non crediamo, comunque è chiaro che le OO.SS. confederali e Confindustria hanno un grande interesse nella gestione dei fondi pensione, per questo si sono rese protagoniste dello scippo del TFR e della condivisione delle successive controriforme, e per questo anche Susanna Camusso ha interesse a che la previdenza complementare finalmente decolli. Finalmente dal suo punto di vista, naturalmente.

Per concludere, una relazione perfettamente in linea con i tempi, che non ha sfiorato in maniera approfondita alcuni punti caldi, almeno tra quelli che erano in discussione nella fase dei congressi territoriali e di categoria, soprattutto la questione relativa al referendum sull’AI del 10 gennaio 2014, a segnalare che, comunque sia, la CGIL continuerà per la sua strada non concedendo niente alle istanze che vengono dalla base, ai lavoratori che hanno respinto il nuovo modello di contrattazione e al dissenso che serpeggia trasversalmente in tutte le federazioni di categoria che compongono la confederazione.

Il congresso potrebbe essere un’occasione perché le cose cambino, ma noi non pensiamo che sia così perché in definitiva il congresso è anche l’occasione propizia che Susanna Camusso ha sempre cercato per eliminare il dissenso interno e omologare ancor di più la CGIL sui modelli CISL e UIL.



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