martedì 1 luglio 2014
[Areaglobale] Ma lo sciopero serve sempre a qualcosa?
Scioperi, nel 2013 due al giorno. Il Garante: “Allarme
tensione sociale”
Anche se le giornate
effettive sono state 666, il presidente della Commissione di garanzia ha
invitato a contrastarne "l'uso sconsiderato, anche per evitare che si
trasformi in un rituale privo di effetti"
Nel 2013 le proclamazioni di sciopero
presentate in tutti i servizi pubblici essenziali sono state 2339. E
anche se in seguito all’intervento dell’Autorità gli scioperi “effettivamente
posti in essere sono scesi a 666“, si parla comunque di una media di due
manifestazioni al giorno. A fotografare la situazione italiana è il Garante
dell’attuazione della legge sullo sciopero, Roberto Alesse, che
nell’annuale relazione presentata al Parlamento ha descritto il livello di
conflittualità presente nel nostro Paese nei servizi essenziali. Una
situazione innescata dalla recessione che ha investito gran parte
dell’euro-zona ma che “contribuisce a mantenere, in Italia, la tensione
sociale oltre un certo livello d’allarme”, alimentata, dice, non solo “dai
mancati rinnovi contrattuali” ma anche dalla “sensibili riduzione dei livelli
occupazionali”. I lavoratori, subendo “una sistematica perdita delle
tutele”, finiscono con il “ricorrere con preoccupante frequenza, a forme di
protesta spontanea al di fuori delle regole”. Questo fenomeno pone
l’esigenza di contrastare l’uso sconsiderato, “anche per evitare che si
trasformi in uno sterile rituale privo di effetti”, sottolinea
Alesse.
Secondo la relazione, una situazione
particolarmente acuta è emersa nel settore sanitario, dove nel 2013 “le
proclamazioni di sciopero sono aumentate del 70% rispetto al 2012, e ciò
a seguito delle costanti rivendicazioni dei lavoratori finalizzate ad ottenere
miglioramenti di carattere economico-retributivo“, annuncia il
Garante. Non va meglio nel settore delle pulizie e dei multiservizi
che registra 105 azioni di sciopero; uno “scenario allarmante”, denuncia
il Garante, che determina “un costante pericolo di pregiudizio ai diritti dei
cittadini utenti”. Situazione che “desta preoccupazione” anche quella dei trasporti
(aereo, marittimo, ferroviario e su gomma) che accumula, sempre nel 2013, circa
293 astensioni. Il Garante sottolinea che “lo stato di crisi in cui
versa soprattutto il trasporto pubblico locale è noto a tutti e, tra le sue
cause, si annovera, in primo luogo, il fatto che molte Regioni hanno avvertito
spesso la necessità di impegnare gli appositi fondi a loro assegnati per far
fronte ad altre situazioni di emergenza, come quella rappresentata dal settore
sanitario”. Conflittualità in aumento anche nel settore Giustizia con
un totale di 49 scioperi effettuati.
***
L’articolo
sopra riportato è ricavato da “Il Fatto Quotidiano” di oggi, versione on line,
ed è interessante per alcuni aspetti. La cosiddetta Commissione di garanzia
snocciola una serie di cifre sugli scioperi proclamati in Italia nel 2013. E
cosa registra? Un grande aumento, calmierato dall’attività regolatrice della Commissione stessa, mentre le cause di questo
aumento vengono individuate in una “situazione
innescata dalla recessione che ha investito gran parte dell’euro-zona ma
che “contribuisce a mantenere, in Italia, la tensione sociale oltre un
certo livello d’allarme”, alimentata, dice, non solo “dai mancati rinnovi
contrattuali” ma anche dalla “sensibili riduzione dei livelli
occupazionali”. I lavoratori, subendo “una sistematica perdita delle
tutele”, finiscono con il “ricorrere con preoccupante frequenza, a forme di
protesta spontanea al di fuori delle regole”. Questo fenomeno pone
l’esigenza di contrastare l’uso sconsiderato, “anche per evitare che si
trasformi in uno sterile rituale privo di effetti”.
Incredibile!
Se da una parte si dà una sorta di giustificazione alla proclamazione degli
scioperi, che hanno delle cause più che valide alla base, dall'altra si
trasforma la questione in un problema di ordine pubblico, perché crea una certa
tensione sociale e un livello di conflittualità ritenute allarmanti, perché
turba quella pace sociale che i padroni desiderano per poter spingere il
governo a fare le riforme.
La
Commissione dice inoltre che, utilizzato in questo modo, lo sciopero diventerà
una lancia spuntata (“uno sterile rituale privo di effetti”). Quindi, oltre a
fare la loro parte di cani da guardia degli interessi dei padroni, insieme alle
OO.SS. di regime, danno anche dei consigli ai lavoratori su cosa devono fare e
quali forme di lotta scegliere.
Sembra un
paradosso ma in realtà non lo è, perché il grande capitale oltre a scegliersi
quali OO.SS. possono sedere al tavolo delle trattative, ora pretende anche di
imbrigliare ulteriormente le energie dei lavoratori e indirizzarle in canali
già decisi, al chiaro scopo di depotenziare – ce ne fosse bisogno - il loro
potenziale conflittuale.
Dall’articolo
si evince che i motivi che spingono i lavoratori alla lotta sono ben noti,
straconosciuti dalla Commissione di Garanzia, e allora cos’è che disturba i
sonni di lorsignori? Che in una
situazione di crisi e di inefficienze di tutti i servizi, i lavoratori prendano
coscienza della loro condizione e lottino e magari grazie a questa nuova
consapevolezza, possano anche strappare delle vittorie.
Ecco
perché la Commissione solleva lo spauracchio dell'inefficienza dello sciopero
come arma davanti al naso dei lavoratori. Per convincerli che scioperare,
lottare, avere una diversa prospettiva del futuro rispetto alla loro è del
tutto inutile, che non serve a niente, perché magari questa non sarà il
migliore tipo di società del mondo, ma è l’unica possibile, arrivando a
prospettare forme di protesta al di fuori delle regole.
“Andando
fuori dalle regole”, insomma autorganizzandosi e ponendosi fuori dal controllo
delle OO.SS. di regime, i lavoratori potrebbero maturare una loro autonomia, potrebbero
finalmente diventare padroni del loro destino, potrebbero mettere in
discussione il modo di produzione capitalistico e la società che su queste basi
è stata costruita.
Ma di quali
regole stiamo parlando? Quelle dei padroni, che vorrebbero non avere lavoratori
che protestano tra i piedi? Certo, non solo. Si reitera la fola del pericolo e dell’allarme
circa “un costante pericolo di
pregiudizio ai diritti dei cittadini utenti”. Siamo alle solite. Si tira
fuori un altro degli strumenti più utilizzati dell’armamentario intimidatorio
dei padroni, quello della divisione, quello della contrapposizione tra
lavoratori dei servizi essenziali e utenti.
Ma questi
utenti chi sono? Sono lavoratori a loro volta, che subiscono i disservizi e le
inefficienze la cui responsabilità non è certo dei loro colleghi ma di coloro
che nel governo, negli enti locali, insomma in tutti quei luoghi che dovrebbero essere preposti al buon funzionamento dei
servizi essenziali, invece remano contro, lavorano secondo la logica del
profitto e piuttosto che potenziare e migliorare ciò che dovrebbe essere al
servizio della collettività, fanno in modo che tutto vada a rotoli per poi fare
favori agli amici degli amici, magari privatizzando, appaltando e subappaltando,
giocando al ribasso e alimentando la spirale di sfruttamento dei lavoratori coinvolti.
Una
tattica vecchia come il cucco ma sempre attuale e soprattutto funzionale agli
interessi di pochi a scapito dei più. Noi che siamo lavoratori, che utilizziamo
questi servizi fatiscenti e inefficienti, sappiamo benissimo chi è il nostro
nemico. È lo stesso nemico dei lavoratori di questi servizi, sono i padroni che
li sfruttano, pubblici o privati che siano, le istanze decisionali a tutti i
livelli (governo, amministrazioni locali) che come cinghie di trasmissione
degli ordini e soprattutto degli interessi del capitale, fanno sì che questa
situazione prosperi nel nome delle loro tasche piene.
Se poi lo
sciopero serva o non serva, se sia uno sterile rituale o no, non sta certo ai
padroni né ai loro servi istituzionali deciderlo. Sta ai lavoratori che,
esercitando i loro diritti di lotta e rivendicazione, decideranno se sia o meno
così. I lavoratori non hanno certo bisogno di buoni consigli ma di raggiungere consapevolezza, coscienza di
classe tali da cambiare in via definitiva lo stato delle cose presenti.
Areaglobale
Ne pas se raconter des histoires
Movimento Politico
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